giovedì 16 giugno 2011

FIAT ED ENI SENZA DONNE NEL CdA



Dal Festival dell'economia di Trento
Al tavolo dei relatori del festival dell’economia non sembravano esserci dubbi sull’importanza di questo strumento sempre più usato nei Paesi industrializzati. Di sicuro non ne aveva e non ne ha Anna Maria Tarantola - vicedirettore generale della Banca d’Italia. 

Anche lei s’è fatta forte dei numeri: “Secondo un nostro studio se si arrivasse ad un 60% di occupazione femminile, il PIL salirebbe di ben sette punti”. Attualmente sono impiegate il 46% delle donne italiane a fronte del 66 per cento di uomini. “Un altro dato – ha proseguito la Tarantola – ci dice che le donne nei board in Italia sono ferme ad uno sconfortante 14%! Secondo me le quote rosa sono necessarie perché servono ad abbattere ‘soffitto di cristallo’. Non è detto che debbano restare per sempre, probabilmente basterebbe un periodo limitato. Certo vanno poi selezionate donne capaci, ma questo sono sicura non è un problema!”

 Anche l’unico uomo al tavolo è favorevole a questo “istituto” molto usato soprattutto nel Nord Europa. Si tratta di Corrado Passera, consigliere delegato e CEO di Intesa Sanpaolo che ha detto: “C’è un problema in Italia che si chiama record europeo di bassa occupazione femminile nelle aziende e secondo me le quote rosa possono essere la soluzione. Di sicuro qualcosa di forte va fatto. Io non ho idea di quanto potrebbe salire il PIL, certi numeri mi lasciano anche perplesso, ma di sicuro ci porterebbe una competenza complementare nei consigli di amministrazione”. 
 
Passera ha poi portato l’esempio concreto di Intesa Sanpaolo, il suo gruppo bancario che “si è mosso già da tempo, con una specie di ‘comunità interna’ per capire il perché di questa situazione. E’ chiaro – ha proseguito – che molto ruota attorno alla gravidanza ed ai primi anni dei figli, ma la problematica è più complessa. Noi abbiamo introdotto delle tutorship perché c’eravamo accorti che lo stacco per i figli creava un black-out di contatto con l’ufficio”. Il manager ha poi sottolineato come i “meccanismi di part-time tradizionali non sempre funzionano. Bisogna pensare ed introdurre nuovi tipi di flessibilità pensati specificatamente per la gestione dei bambini; anche perché la donna poi, quando rientra in azienda è più forte di prima. Noi abbiamo avuto un caso di rientro dalla gravidanza con una promozione. Sarà un episodio isolato ma è significativo”.

Prodiga di dati è stata invece nel suo intervento l’autrice che ha voluto presentare bene il “caso Norvegia”. “Qui, dopo aver introdotto nell’ormai lontano 2006 le quote rosa del 40% adesso sono già oltre: stanno pensando di introdurre nel top management delle quote riservate agli immigrati. E mi preme citare la genesi delle quote rosa in questo Paese nordico: lo spunto è venuto non dai sindacati ma bensì da un uomo, un ministro conservatore che si era accorto che le assunzioni nelle grandi imprese avvenivano secondo canali poco ortodossi come l’iscrizione a club o a interessi comuni, spesso sportivi, tra gli uomini co-optati”. 
 
Anche in Italia l’iter della proposta di legge è bipartisan: “In commissione parlamentare è a buon punto – ha spiegato la D’Ascenzo agli oltre 150 presenti in sala – e se venisse approvato, cosa molto probabile già a giugno, sarebbe un vero tsunami. Pensate solo che società come FIAT o ENI non hanno neanche una donna nei loro CDA!” Ma l’autrice riserva una stoccatina anche alle donne che nel libro, professionalmente, tanto difende: “Dobbiamo imparare a non essere invidiose tra noi. Bisogna cambiare atteggiamento, se non vogliamo essere condannate ad un’’invisibilità perpetua’ come è stata definita”.

Un ultimo intervento di Anna Maria Tarantola: “Io mi sono chiesta: perché le donne che fanno carriera ad alto livello sono spessissimo single, senza figli o separate? Risposta: perché la società non facilita chi vuole, oltre a lavorare, avere anche una famiglia. Non bisogna mettere le donne di fronte a questa scelta così pesante e così difficile, o famiglia o lavoro. All’uomo questo non è chiesto!”. Né in FIAT e né in ENI.
Fabio Pipinato (direttore di Unimondo)

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