giovedì 13 ottobre 2011

C.I.D. INCONTRO PER UN'ECONOMIA NONVIOLENTA sabato 15 ottobre

SABATO 15 OTTOBRE ore 21
TEATRO DELLA FEDERAZIONE OPERAIA SANREMESE
Via Corradi 64
SANREMO
Il CENTRO INIZIATIVA DONNE

Organizza UN INCONTRO su

SI FA PRESTO A DIRE LAVORO….
MA DOV’E’?”

IL LAVORO CHE VORREI.
COSTRUIRE IL FUTURO TRA CRISI E OPPORTUNITA’.

Intervengono

GIULIA STELLA
SEGRETARIA REGIONALE C.G.I.L.

TULLIO TINTI
DIRETTORE CENTRO ANCORA di VENTIMIGLIA
NELL’AMBITO DEGLI EVENTI DI “OTTOBRE DI PACE 2011”

Dedicati a UN’ECONOMIA NONVIOLENTA


domenica 25 settembre 2011

CRISI ECONOMICA E MECCANISMI FINANZIARI


P.E.N.E.L.O.P.E. ci ha invitato a riflettere sulla manovra finanziaria e su come la riduzione della spesa sociale e la contro-riforma delle leggi sul lavoro nella stessa contenute finiscano per penalizzare soprattutto le donne.

La crisi e la conseguente riduzione di: debito pubblico/spesa sociale/welfare, non riguarda, come sappiamo, solo l’Italia, ma molti paesi europei che sono ormai ostaggio dei mercati finanziari.

L’articolo del prof. Fumagalli, economista dell’Università di Pavia, spiega perché ciò avviene e in che modo e con quali obiettivi “la speculazione finanziaria ha preso di mira il welfare” di molti stati. 

 di ANDREA FUMAGALLI
Nei commenti della maggior parte degli organi di stampa e nelle dichiarazione sia degli uomini politici che dei cosiddetti esperti, uno spettro (o meglio un incubo) si aggira per l’Europa. Non è lo spettro del comunismo, bensì l’incubo dei mercati finanziari.  Tutti sono in attesa del loro responso, forma di moderno oracolo, in grado di condizionare e incidere sulla vita di milioni di persone, di far cadere un governo, di imporre elezioni anticipate oppure la sottoscrizione di documenti e patti sociali altrimenti poco credibili tra firmatari altrettanto poco credibili.
Il biopotere dei mercati finanziari si è grandemente accresciuto con la finanziarizzazione dell’economia. Se il Prodotto interno lordo del mondo intero nel 2010 è stato di 74 mila miliardi di dollari, la finanza lo surclassa: il mercato obbligazionario mondiale vale 95 mila miliardi di dollari, le borse di tutto il mondo 50 mila miliardi, i derivati 466 mila miliardi. Tutti insieme (al netto delle attività sul mercato delle valute e del credito), questi mercati muovono un ammontare di ricchezza otto volte più grande di quella prodotta in termini reale: industrie, agricoltura, servizi. Tale processo, oltre a spostare il centro della valorizzazione e dell’accumulazione capitalistica dalla produzione materiale a quella immateriale e dello sfruttamento dal solo lavoro manuale anche a quello cognitivo, ha dato origine ad una nuova “accumulazione originaria”, che, come tutte le accumulazioni originarie, è caratterizzata da un elevato grado di concentrazione.
Per quanto riguarda il settore bancario, nel 1984 le prime dieci banche al mondo controllavano il 26% del totale delle attività , con il 50% detenuto da 64 banche e il rimanente 50% diffuso tra le 11.837 rimanenti banche di minor dimensione. I dati della Federal Reserve ci dicono che dal 1980 al 2005 si sono verificate circa  11.500 fusioni, circa una media di 440 all’anno, riducendo in tal modo il numero delle banche a meno di 7.500. Al I° trimestre 2011, cinque Sim (Società di Intermediazione Mobiliare e divisioni bancarie:  J.P Morgan, Bank of America, Citybank, Goldman Sachs, Hsbc Usa) e cinque banche  (Deutsche Bank, Ubs, Credit Suisse, Citycorp-Merrill Linch, Bnp-Parisbas) hanno raggiunto il controllo di oltre il 90% del totale dei titoli derivati:  Swaps sui tassi di cambio,  i Cdo ( Collateral debt obligations)  e i Cds (Collateral defauld swaps). Fonte: http://www.occ.treas.gov/topics/capital-markets/financial-markets/trading/derivatives/ dq111.pdf.
Nel mercato azionario, le strategie di fusione e acquisizione hanno ridotto in modo consistente il numero delle società quotate. Nel 1984 le prime 10 società con maggiore capitalizzazione di borsa, pari allo 0,12% delle 7.800 società registrate, detenevano il 41% del valore totale, il 47% del totale dei ricavi e il 55% delle plusvalenze registrate. Nel 2011, tali percentuali sono rimaste pressoché inalterate, con la differenza che tre di loro (Merrill Lynch, Lehman Brothers and Goldman Sachs) si sono fuse all’inizio del 2008 o sono divenute compagnie bancarie (ad esempio, l’acquisizione di Merrill Linch da parte di Citycorp) oppure, come nel caso di Lehman Brothers (e Bear Starney) sono fallite, favorendo in tal modo un ulteriore processo di concentrazione (Fonte: Federal Reserve).
In tale processo di concentrazione, il ruolo principale è detenuto dagli investitori istituzionali (termine con il quale si indicano tutti quegli operatori finanziari – da Sim, a banche, a assicurazioni,– che gestiscono per conto terzi  gli investimenti finanziari: sono oggi coloro che negli anni ’30 Keynes definiva gli “speculatori di professione”) . Nel 1984, relativamente al mercato americano, il valore dei titoli da loro intermediati, ammontava a circa a 2,6 miliardi di dollari. A fine 2007, secondo i dati della Federal Reserve, gli investitori istituzionali trattavano titoli per un valore nominale pari a 39 miliardi, il 68,4% del totale. E’ importante notare che tale quota si è incrementata nell’ultimo anno, soprattutto in seguito alla diffusione dei titoli di debito sovrano. Ad esempio, per quanto riguarda il debito pubblico, italiano, circa l’87% è detenuto da investitori istituzionali, per oltre il 60% all’estero (a differenza di quanto avviene in Giappone).
Da questi dati, possiamo arguire che in realtà i mercati finanziari non sono qualcosa di etereo e neutrale, ma sono espressione di una precisa gerarchia: lungi dall’essere concorrenziali (credenza apparentemente confermata dall’elevata flessibilità dei “prezzi”, flessibilità che è invece alla base delle plusvalenze), essi si confermano come fortemente concentrati e oligopolistici: una piramide, che vede, al vertice, pochi operatori finanziari in grado di controllare oltre il 70% dei flussi finanziari globali e,  alla base, una miriade di piccoli risparmiatori che svolgono una funzione meramente passiva. Tale struttura di mercato consente che poche società (in particolare le dieci, tra Sim e banche, citate in precedenza) siano in grado di indirizzare e condizionare le dinamiche di mercato. Le società di rating (spesso colluse con le stesse società finanziarie), inoltre, ratificano, in modo strumentale, le decisioni oligarchiche che di volta in volta vengono prese.
Dopo la crisi dei subprime del 2008-09, a partire dal 2010, la speculazione  finanziaria ha preso di mira le politiche di welfare. Il suo carattere  di biopotere si è così ancor più accentuato, andando a incidere direttamente sulle forme di vita. Tutto ciò non può stupire, dal momento che sono proprio la produzione di servizi sociali e immateriali (salute e medicina-farmaceutica, formazione, ricerca, sfruttamento delle risorse naturali, comunicazione e linguaggi,  biogenetica) i centri principali della produzione di plusvalore.
Ciò che sta accadendo in queste settimane ne è la più clamorosa conferma. Il meccanismo speculativo si svolge secondo le seguenti fasi, pur in presenza di variazioni sul tema a seconda del tipo di attività finanziaria di volta in volta oggetto dell’attenzione speculativa.
Fase 1: in situazioni di estrema incertezza e instabilità (quindi in situazioni di normalità finanziaria), alcuni settori (con riferimento ai titoli privati) o alcuni sistemi di welfare (con riferimento ai titoli sovrani) possono divenire oggetto di interesse speculativo, grazie alla presenza di alcuni fattori concomitanti che ne possono accentuare la volatilità. Tale volatilità può essere al rialzo (come, ad esempio, nel caso dei titoli derivati sul petrolio, nel corso dell’estate-autunno 2010, oppure nel periodo di nascita e sviluppo di una convenzione finanziaria che dà origine ad una bolla speculativa) o al ribasso, come nella situazione odierna.
Fase 2. L’intervento delle società di rating, tramite il declassamento o l’upgrading di parametri fittizi di valutazione del rischio, ha l’obiettivo di certificare ufficialmente una situazione di panico o di euforia. Nel caso dei titoli sovrani (welfare), si tratta sempre di situazioni emergenziali. E’ difficile individuare l’effettivo nesso di causa ed effetto tra declassamento del titolo sovrano e inizio della sua perdita di valore. Il punto, più volte denunciato  a parole ma mai seriamente affrontato nell’agenda dei cosiddetti “riformatori” dei mercati finanziari (ad esempio, il Financial Stability Forum, capitanato dal neo-governatore della Bce, Mario Draghi), è l’elevata collusione tra le società di rating e i grandi investitori istituzionali, che vedono spesso sovrapposizioni di cariche nei Consigli di Amministrazione, nonché partecipazioni incrociate. Al riguardo, il recente downgrade dei bond Usa può rappresentare una cartina di tornasole.  Comunque sia, una volta indotta la fase emergenziale, inizia la diminuzione di valore del titolo. I primi che vendono sono proprio i principali investitori istituzionali. Ad esempio, nei primi sei mesi del 2011, Deutsche Bank (tra le prime 10 potenze finanziarie del globo)  ha ridotto dell’88 per cento la propria esposizione sui titoli di Stato italiani, riducendo il proprio portafoglio di titoli dagli 8 miliardi detenuti alla fine del 2010 a 997 milioni di euro di oggi (fonte: Financial Times), dando inizio all’aumento dello spread tra Btp italiani e bond decennali tedeschi. Tale politica di vendite aveva interessato in precedenza la Grecia e anche altri paesi europei, con riduzioni dell’esposizione verso  Portogallo, Italia, Irlanda, Spagna e Grecia di quasi il 70%. Occorre notare che tali vendite, sono avvenute a scaglioni, precedendo gli effettivi crolli che tali titoli hanno poi realmente manifestato. Infatti, un simile massiccio afflusso di vendite si traduce immediatamente nel calo dei prezzi dei bond in questione, e quindi in un incremento del “rendimento” che questi devono garantire per rifinanziare il debito nazionale. Ne consegue l’ampliamento della forbice (spread) dei tassi d’interessi con analoghi titoli sovrani, ritenuti più sicuri e meno volatili (di solito, i bond tedeschi, americani e giapponesi, i quali pur avendo un rapporto debito/pil di oltre il 200% presentano una collocazione dei propri titoli di Stato per oltre l’80% in mani nazionali).
Fase 3: una volta conclamata la fase d’emergenza, si deve correre ai ripari. Nel caso in esame, gli stati nazionali sono più o meno costretti a prendere misure di controllo del debito pubblico e quindi di riduzione del welfare in nome dei diktat del pensiero neo e social-liberista, a seconda del colore dei governi. Essi si traducono, come sappiamo e abbiamo già analizzato, in una riduzione dell’intervento pubblico e nello smantellamento del welfare sociale. Non solo.  La Banca Centrale Europea è costretta, al di là delle diatribe nazionalistiche tra Francia e Germania, a intervenire per immettere moneta ex nihilo al fine di consentire il pagamento delle tranches di interesse. Nel caso di Italia e Spagna, il gioco è a dir poco facilitato: essendo i due paesi “too big to fail”, il rischio default è del tutto scongiurato, nonostante la stampa emergenziale continui a pensarlo possibile e i mercati finanziari continuino ad ipotizzarlo. Si tratta, mutatis mutandis, dell’analogo rischio corso con gli Usa. Nelle scorse settimane, per l’Italia e la Spagna, l’emergenza ha funzionato, per gli Usa, pur avendo scongiurato il rischio di default “tecnico”, la pressione speculativo-emergenziale pare  stia cominciando solo ora, con il downgrade di Standard & Poor’s. Un ulteriore conferma di come i mercati finanziari siano manovrabili molto più facilmente di quanto si possa immaginare e di come siano di gran lunga più potenti di qualsiasi stato nazionale.
Fase 4. Una volta che la situazione è arrivata al punto giusto, sempre per decisione di quegli investitori istituzionali che condizionano i mercati finanziari,  e i titoli sovrani sono ritenuti aver raggiunto il giusto ribasso e una volta che adeguati provvedimenti di politica economica sono stati intraprese a vantaggio dei mercati finanziari, l’emergenza, come d’incanto, cessa. Gli acquisti cominciano, le borse si risollevano e gli investitori istituzionali iniziano a far incetta dei titoli sovrani ai valori minimi. Nel giro di pochi giorni si maturano plusvalenze di tutto rispetto. Si calcola che dopo il primo attacco speculativo di metà luglio contro i titoli italiani, greci e spagnoli, con cali delle borse delle principali piazze finanziarie di oltre il 7-8%, in seguito al piano europeo di intervento straordinario di oltre 110 miliardi di euro a sostegno della Grecia,  il recupero sia stato tale da riportare gli indici azionari ai valori precedenti, con plusvalenze che hanno raggiunto livelli record in pochi giorni, sino a consentire a Goldman Sachs di godere di maggior liquidità della stessa Federal Reserve americana.
Quando si specula al ribasso, il momento topico è, dunque, l’inversione di rotta degli indici di borsa. Tale momento dipende da molti fattori:  in primo luogo, dal grado di collusività tra le società finanziarie egemoni e, in secondo luogo, dai provvedimenti che vengono presi dalle autorità monetarie (Bce)  e dai governi nazionali maggiormente sottoposti alla pressione speculativa. Il recente caso Usa e europeo sono da manuali. Il rischio di default “tecnico” degli Usa ha provvisoriamente distolto l’attenzione dalla pressione speculativa sui paesi europei a maggior debito pubblico. Tuttavia, nessuno dei principali speculatori i ha mai creduto alla possibilità di un default americano. Tale rischio ha, però, ottenuto i risultati sperati, imponendo vincoli sulla gestione del bilancio pubblico americano in materia di spesa sociale e favorendo l’aumento di liquidità monetaria a sostegno dei mercati finanziari. Non dissimile è la situazione europea. I diversi governi europei, sottoposti a pressione speculativa,  hanno tutti adottato politiche fiscali  “lacrime e sangue”. Alcuni, come la Spagna, hanno deciso di ricorrere ad elezioni anticipate, con l’effetto di distogliere la pressione speculativa a fronte della prospettiva di una vittoria elettorale di forze più consone al credo neo-liberista. Altri, come l’Italia, hanno messo in cantiere misure restrittive di ampia portata, ma con effetto non immediato ma solo nel biennio 2013-14 (manovra finanziaria di 80 miliardi, di cui oltre il 70% concentrato, appunto, nel biennio 20134-14, una volta terminata l’attuale legislatura). Dopo l’intervento a sostegno alla Grecia e la decisione della Bce di acquistare sul mercato secondario dei titoli di stato prevalentemente bond spagnoli e portoghesi, non può stupire che l’obiettivo più lucroso  della pressione speculativa, a prescindere dalla situazione economica (che, comunque non è delle migliori, soprattutto in termini di distribuzione del reddito e capacità di investimento) sia diventata l’Italia. Le aspettative speculative sono così concentrate su un nuovo intervento della Bce, in grado di iniettare nuova liquidità con l’obiettivo di dare nuova linfa ai mercati finanziari, o sulla ridefinizione dei tempi della manovra finanziaria. E tali misure non si sono fatte attendere.
La Bce, al momento (8 agosto 2011), non si è ancora resa disponibile ad un intervento straordinario per Spagna e Italia, così come fatto, a più riprese, per Grecia, Irlanda e Portogallo. Si è limitata solo a dichiarare l’acquisto di un numero maggiore di titoli italiani. Il governo italiano, all’interno di una ritrovata concertazione sociale (forse ancor più pericolosa della speculazione finanziaria) si è invece affrettato ad accettare i diktat dei mercati finanziari: anticipo del grosso della manovra finanziaria di un anno con il bilancio in pareggio non più nel 2014 ma già nel 2013; inserimento nella carta costituzionale dell’obbligo del bilancio pubblico in pareggio, così come nell’art. 105 del Trattato di Maastricht si era inserito a livello europeo il vincolo di un tasso d’inflazione non superiore al 2%; ulteriore smantellamento e privatizzazione del welfare. Tali misure saranno poi accompagnate da un ulteriore processo di liberalizzazioni e di precarizzazione sul mercato del lavoro, chiedendo ulteriori sacrifici alle parti sociali, in nome dell’emergenza nazionale.
Come abbiamo già sostenuto in altra occasione (http://uninomade.org/la-farsa-dellemergenza-economica-parte-ii/), il raggiungimento di tali obiettivi è praticamente impossibile: lo era già in un lasso di tempo più lungo, figuriamoci in un periodo ancor più breve e per di più con un onere degli interessi accresciuto nell’ultimo mese di circa 2,8 miliardi di euro in seguito all’aumento dei tassi d’interessi di queste settimane (cfr. Francesco Daveri: http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002486.html).
I grandi investitori istituzionali sanno perfettamente tutto ciò. Il raggiungimento del bilancio in pareggio dell’Italia o degli altri paesi europei non interessa. Ciò che a loro interessa è, in primo luogo, che lo spazio per la speculazione finanziaria al ribasso rimanga sempre aperto e in secondo luogo che nuova liquidità venga continuamente e costantemente iniettata  nel circuito dei mercati finanziari, al fine di accrescere la solvibilità delle transazioni. Infine, in terzo luogo, si vuole che venga garantito il pagamento delle tranches di interessi.
L’attività speculativa è quindi sempre in azione. Se provvisoriamente non interviene in Europa, può sempre intervenire sul mercato delle valute o sui derivati delle materie prime oppure sui titoli di stato americani (come sembra oramai evidente, visto il declassamento del debito Usa da parte di Standard&Poor di questi giorni) o viceversa.
Si tratta di un meccanismo che nulla ha di parassitario, anzi. Da quando non sono più in vigore gli accordi di Bretton Woods, i mercati finanziari stabiliscono in modo autonomo e sovranazionale il valore della moneta, sulla base delle gerarchie e delle aspettative che gli speculatori istituzionali di volta in volta definiscono. La pervasività dei mercati finanziari sulla vita economica e sociale degli abitanti della terra (dai contadini del Sud del mondo, agli operai e ai precari dell’Est e dell’Ovest del mondo, dagli studenti  ai migranti) è tale che l’accesso a porzioni (sempre più  decrescenti) di ricchezza sia condizionato direttamente e indirettamente dagli effetti distributivi e distorsivi che gli stessi mercati finanziari generano. Qui sta il loro biopotere e la loro governance. Ogni euro di plusvalenza generata virtualmente nell’attività speculativa ha effetti reali sull’economia per circa un 30% (secondo i dati della Bri), mettendo in moto un moltiplicatore finanziario che incide direttamente sulle capacità di investimento e di distribuzione del reddito che stanno alla base dell’attuale processo di accumulazione. Tale 30% di fatto è creazione netta di moneta, al di fuori di qualsiasi forma di signoraggio statuale oggi esistente. La produzione di moneta a mezzo di moneta implica una nuova legge del valore e nuove regole di sfruttamento (cfr http://www.ephemeraweb.org/journal/10-3/10-3index.htm)  ed è per questo potere che i mercati finanziari sono oggi al centro della valorizzazione.
A fronte di questo contesto, è necessario operare per restringere il campo d’azione dei mercati finanziari: non tramite l’illusione di una loro riforma, ma tramite la costituzione di un contropotere, in grado di erodere la loro efficacia. E’ necessario rompere il circuito della speculazione finanziaria (soprattutto quando è al ribasso) andando a colpire la fonte del loro guadagno, ovvero favorendo la completa svalutazione dei titoli che sono di volta in volta al centro dell’attività  speculativa. Tale obiettivo può essere ottenuto solo tramite uno strumento: il non pagamento degli interessi (o la loro dilazione temporale) e la dichiarazione di default (bancarotta).  In tal modo, lo strumento stesso della speculazione verrebbe meno: i titoli di debito sovrani diventerebbero di conseguenza carta straccia, junk bonds o titoli spazzatura.  Gli investitori istituzionali speculano sul rischio di default ma sono i primi a non volere il default. Certo, la speculazione si sposterebbe altrove, creando nuove emergenze, ma almeno non avrebbe come mira il welfare, soprattutto se si perseguisse una  strategia di default controllato, ovvero accompagnata  a livello europeo e di concerto con la Federal Reserve da una politica comune di gestione della crisi, finalizzata, non solo a creare un fondo di intervento a sostegno dei paesi in difficoltà , ma soprattutto a emettere Eurobonds in grado di sostituire i titoli sovrani entrati in default a tassi d’interessi fissi e con interventi di controllo della libera circolazione dei capitali.
Di fatto, tale prospettiva è stata già in parte sperimentata per la Grecia. Proprio per il rischio di default, i titoli di Stato greci sono diventati titoli spazzatura perdendo oltre il 70% del loro valore. Tale situazione ha reso necessario (per evitare gli effetti negativi sull’Euro)  un piano straordinario di intervento europeo. Tale piano, tuttavia, invece di essere finanziato con l’emissione di nuovi titoli di stato garantiti dalla Bce in grado di sostituire quelli greci  ad un tasso d’interesse prestabilito sulla base dei tassi libor o del tasso ufficiale di sconto, si è limitato a fornire la liquidità necessaria perché le banche creditrici potessero in qualche modo compensare le perdite subite dalla svalorizzazione dei titoli. In tal modo, nuova linfa è stata fornita alla speculazione finanziaria.
Il diritto al default è già in funzione. E’ questa l’unica risposa politica adeguata. Occorre prenderne atto.

DA P.E.N.E.L.O.P.E. UNA RIFLESSIONE SULLA MANOVRA FINANZIARIA



La manovra economica appena varata dal Governo si abbatte soprattutto su di noi!
L’ultima misura che ci riguarda è l’innalzamento dell’età pensionabile a sessantacinque anni. È una questione di parità tra uomini e donne, ci dicono: ma quale parità? Non esiste da noi!
Questo è solo uno strumento per fare cassa!
Noi non ci opponiamo alla richiesta dell’Europa sulla parità di età pensionabile. È legittima.
Ma il vero problema, prima, è la reale parità nel mondo del lavoro e nella società.

L’UE mira a una seria politica di parità di genere, e in molti Paesi Europei si sta attuando. Ma non da noi: riguardo al lavoro, le donne occupate in Italia sono il 46%, contro la media europea del 60%.
Il primo problema della crisi è la mancanza di lavoro, e per molte donne la perdita di lavoro: alcune costrette a lasciare il lavoro quando sono incinte (...le famose “dimissioni in bianco” già annullate dal Governo Prodi con legge poi cancellata da questo Governo ...), altre costrette a stare a casa per cure alla famiglia.
Perché, infatti, l’altro grande problema è che il lavoro di cura famigliare è addossato totalmente alle donne: gravissima è la carenza di politiche a supporto della conciliazione tra lavoro e famiglia!

L’ultima grande beffa da noi subita è una promessa del Governo già disattesa: aveva deciso di far confluire i risparmi derivati dall’allungamento dell’età pensionabile delle dipendenti statali (120 milioni di euro del 2010 e 242 milioni del 2011) in un Fondo strategico con il quale finanziare politiche e servizi di sostegno alla conciliazione e alla non autosufficienza; risparmi usati invece per cose molto diverse! E tutto questo passato sotto silenzio nell’informazione politica.

Ora ci si potrebbe almeno aspettare che, con tante nuove pensioni a sessantacinque anni delle lavoratrici del privato, i futuri risparmi prodotti andassero a rimpinguare di nuovo quel Fondo per un rafforzamento di servizi che incentivino il lavoro femminile... ma non se ne parla.
E la crisi ha determinato un impatto violento sulle donne anche con lo stravolgimento del welfare: i tagli alla sanità, ai servizi per gli anziani, agli asili, ecc.... ricadono tutti sul lavoro femminile. Dovremo tornare a essere gli ‘angeli del focolare’ e magari rinunciare anche alla pensione perché quelle non sono considerate ore di lavoro?
Basta! Chiediamo che sia messo nell’agenda politica non solo l’obiettivo della parità nelle pensioni, ma anzitutto quello della parità nel lavoro col proposito della condivisione del lavoro di cura.

venerdì 26 agosto 2011

Miss chirurgia estetica: botulino e bisturi nel corpo femminile danno spettacolo


Riccione. Miss siliconata, miss botulino, miss misonorifattatantevolte, miss maggiorata chirurgicamente. Questi sono solo alcuni dei titoli delle categorie in gara.

Una specie di galleria degli orrori inflitti ai corpi delle donne in nome di un business che trova motivo di esistere per via del modello societario dominante: la donna come oggetto del desiderio.

Ti desidero perchè il chirurgo che ti ha rimodellato il seno ha fatto un buon lavoro; ti desidero perchè le tue labbra così grandi e carnose lasciano spazio a fantasie inimmaginabili... ti desidero perchè non sei più tu.



sabato 20 agosto 2011

L'estinzione a pagamento. La sterilizzazione proposta dalla Slovacchia

Il corpo della donna è ormai un centro economico e politico largamente strumentalizzato dai sistemi ideologici e di potere. Viene sfruttato da tempo, ancora prima che i "proletari" proclamassero la loro unica ricchezza nella prole, quando giustamente il centro della ricchezza sarebbe dovuta essere la donna. Ancora prima che le dinastie dei potenti cercassero nel primogenito maschio, la continuazione di un potere. Probabilmente ancora prima che Eva mostrasse le sue forme ad Adamo proponendo una mela quale frutto proibito della continuazione della specie.

Tutte le volte però, si rimane allibiti quando la violenza di un sistema paga la donna per la rinuncia alla procreazione, come uno stupro etnico formulato al contrario. Quando poi avviene alle porte di casa, nella moderna e civile Europa. ricorda talmente le pratiche naziste che è palese la svolta verso quei non-valori che si credevano superati e verso una non-cultura che si sta pian piano divorando le menti e i cuori delle persone.

Questa volta è la Slovacchia che fa pensare con la sua proposta di "sterilizzazione" a pagamento destinata alle classi povere, dall'articolo di Repubblica che posto di seguito e che è raggiungibile a questo LINK

Sterilizzazione gratis e incentivata da sussidi per i poveri, e poco importa se la maggioranza dei poveri appartiene a una delle minoranze più emarginate d'Europa. Non siamo certo alla sterilizzazione forzata che vigeva nel Terzo Reich per i gruppi non ariani e per i disabili, ma con tutte le abissali differenze tra ieri e oggi il ricordo di quel passato è inevitabile.

La proposta è emersa nella postmoderna, democratica e ricca Slovacchia, e di fatto, vista la composizione sociale del paese, riguarda soprattutto i rom. Il ministero del Lavoro, uno dei quattro dicasteri che nella coalizione di centrodestra al potere a Bratislava è in mano al partito arci-conservatore "Libertà e solidarietà", lo suggerisce in una bozza di legge. La polemica è esplosa, governo e società si spaccano, ma la proposta resta conferma tragica della condizione dei rom nel Vecchio continente.

Espulsi in massa dalla Francia di Sarkozy, esposti a pogrom e ronde degli ultrà della Guardia magiara in Ungheria, malvisti in zone ricche dall'Italia alla Repubblica Ceca, i rom sono oggi la minoranza europea più numerosa: almeno otto milioni e mezzo. Vivono qui, ma nel sottoscala della vita, nei sottili o brutali ghetti di fatto del nostro quotidiano.

Persino nella solida democrazia tedesca, i rom profughi dalle guerre scatenate da Slobodan Milosevic nell'allora Jugoslavia sono in maggioranza ospiti tollerati, senza pieno status di asilo, e in alcuni Bundeslaendern i loro figli non hanno accesso garantito alla scuola. La coraggiosa tv pubblica tedesca, ricordando come Hitler li sterminò, li descrive come la minoranza peggio trattata in tutta la Ue.

La proposta slovacca, denunciata ieri da Repubblica. it e da Il Piccolo, promette le migliori intenzioni: dare ai poveri, che non possono permettersi troppi figli, la scelta di non averne più. Non pillole o condom, ma sterilizzazione gratis, premiata con sussidi di entità ancora non definita, ma in euro visto che la Slovacchia è membro dell'Unione monetaria.

A Bratislava è già polemica: i cristiano-conservatori della giovane premier Iveta Radicova sono in grave imbarazzo, l'accusa di estinzione programmata è nell'aria. "Libertà e solidarietà", partito decisamente di destra nato su Internet, non menziona i rom come bersaglio. Ma tutti sanno che la stragrande maggioranza dei (pochi) poveri slovacchi sono loro: tra 200 e 400mila su 5,5 milioni di abitanti.  "Se si guarda ai criteri del programma possiamo concludere che queste proposte sono indirizzate specie verso i rom", denuncia la sociologa Elena Kriglerova Gallova. "Che importa, sono una razza infetta", si può leggere online sui social network.

Tempi bui in Europa. La Slovacchia non è sola: l'anno scorso fu Nicolas Sarkozy, che vuole salvare l'euro con Angela Merkel, a ordinare alle "Compagnies républicaines de sécurité" e alla Gendarmeria nazionale la cacciata dei rom. Nell'Ungheria nazionalista, ronde nere e "lavoro utile" forzato. Persino in Germania, anche artisti rom di successo come la giovane jazzista Dotschy Reinhardt si sentono "trattati come un corpo estraneo".

Purtroppo, sia la Cecoslovacchia realsocialista sia la Slovacchia del dopo secessione hanno tristi tradizioni. La dittatura tardostaliniana effettuava sterilizzazioni forzate. Il leader del Partito nazionale slovacco Jan Slota chiede da tempo "niente cibo e soldi per chi non vuol lavorare", allusione chiara. Gli estremisti negli anni scorsi si sono spesso scatenati contro i rom. Fino alla strage di sei di loro, compiuta da un folle nell'agosto 2010. E in un villaggio slovacco un Muro divide i ghetti rom dai quartieri dei cosiddetti "cittadini normali".

domenica 19 giugno 2011

BINDI - INTERVENTO ALLA CONFERENZA NAZIONALE SUL LAVORO

"Essere poveri quando si lavora 
vuol dire che qualcosa non torna"

Questa frase tratta dall'intervento di Rosy Bindi alla Conferenza Nazionale sul Lavoro che si è tenuta a Genova, da l'idea della dimensione critica in cui versa il sistema occuzionale. Oggi, infatti, in Italia il lavoro non rende sufficiente dignità alle persone e il Paese è di fatto regredito nei valori e nei diritti.

Di seguito una parte dell'intervento di Rosy Bindi

Questa data è importante per dire che il PD ha capito i risultati del referendum: il Paese ci ha detto di puntare all'essenziale.

Quando segnavo il mio Sì sul quesito per l'acqua pensavo che quel sì significava salute e lavoro. Quando mettevo il mio Sì sul Legittimo impedimento pensavo alla Costituzione italiana dal primo all'ultimo articolo nei valori della legalità e dell'uguaglianza. L'Italia ha scelto la qualità dello sviluppo e anche il PD ha scelto di puntare all'essenziale: ambiente, crescita e diritti

Ci siamo ritrovati intorno al lavoro e questo non significa fare un passo indietro, un rifugiarsi nel passato. Non è così. Il centrodestra nel lavoro ha espresso tutta la sua sostanza: non ha affrontato le sfide del moderno ma ha considerato il lavoro come luogo di conflitti, alimentando le diversità, creando isolamento dei lavoratori. Soli verso il collega, verso il territorio, verso l'immigrato. La maggioranza ha superato il concetto fondamentale della concertazione che ci evitò la bancarotta nei primi anni 90 e ha mortificato l'unità sindacale e del lavoro. 

Mi domando ma un partito come il nostro, difronte a questa cultura che ha prodotto solo danni, dove il 30% dei giovani e il 60% delle donne sono fuori dal lavoro, dove 4 milioni di lavoratori sono precari, abbiamo un altro spazio per non affrontare il tema del lavoro con proposta alternativa per il Paese? In Europa ci sono modelli funzionanti. Ad esempio in Danimarca. Ma noi siamo italiani e dobbiamo adottare un tema con un modello italiano.

Il dibattito che emerge oggi non significa divisione ma solo ricchezza. Alla fine il messaggio dovrà essere profondamente unitario. Dovremo fare un sforzo culturale perché il lavoro non è solo fonte di reddito ma come dice la Costituzione uno strumento per la libertà e la dignità. Gli articoli e i principi della nostra Costituzione non sono affatto superati e continuano a ispirare noi come partito riformatore.

Che paese abbiamo costruito se il 30% dei giovani e il 60% delle donne nono sono messi in grado di dare il loro primo contributo alla crescita del Paese? Essere poveri quando si lavora significa che qualcosa non torna e a noi è toccato di vivere proprio in questa fase.

È la fine di un ciclo e l'inizio di un altro. Lo inizieremo noi sui valori che gli elettori ci hanno detto di costruire la nostra convivenza. Dallo Statuto dei Lavoratori conosciamo i principi che hanno ispirato le grandi riforme. Tali principi ispireranno anche le nostre proposte.

Facciamo qualcosa in particolare per le donne: sento che il governo vuole portare a 65 anni le pensioni per le lavoratrici  e ci dicono che è solo un adeguamento alla normativa europea. Questa non è una risposta per il welfare italiano. La risposta giusta è la lotta contro il precariato che colpisce 4 milioni di lavoratori; sono le politiche per le donne come avvengono in Germania (congedo parentale) o in Francia (assegni familiari): norme di uguaglianza e di sostegno.

Rinunciate al licenziamento in bianco. Se il Paese vuole crescere deve crescere anche dal punto di vista demografico.

Non si può fare a meno del contributo del 60% delle donne per lo sviluppo del Paese. Si tiene tutto se abbiamo a cuore il bene del Paese. Avremo il consenso e la forza di fare scelte difficili sapendo che gli italiani ci capiranno e ci seguiranno se diciamo dove vogliamo andare per il bene del Paese.


giovedì 16 giugno 2011

FIAT ED ENI SENZA DONNE NEL CdA



Dal Festival dell'economia di Trento
Al tavolo dei relatori del festival dell’economia non sembravano esserci dubbi sull’importanza di questo strumento sempre più usato nei Paesi industrializzati. Di sicuro non ne aveva e non ne ha Anna Maria Tarantola - vicedirettore generale della Banca d’Italia. 

Anche lei s’è fatta forte dei numeri: “Secondo un nostro studio se si arrivasse ad un 60% di occupazione femminile, il PIL salirebbe di ben sette punti”. Attualmente sono impiegate il 46% delle donne italiane a fronte del 66 per cento di uomini. “Un altro dato – ha proseguito la Tarantola – ci dice che le donne nei board in Italia sono ferme ad uno sconfortante 14%! Secondo me le quote rosa sono necessarie perché servono ad abbattere ‘soffitto di cristallo’. Non è detto che debbano restare per sempre, probabilmente basterebbe un periodo limitato. Certo vanno poi selezionate donne capaci, ma questo sono sicura non è un problema!”

 Anche l’unico uomo al tavolo è favorevole a questo “istituto” molto usato soprattutto nel Nord Europa. Si tratta di Corrado Passera, consigliere delegato e CEO di Intesa Sanpaolo che ha detto: “C’è un problema in Italia che si chiama record europeo di bassa occupazione femminile nelle aziende e secondo me le quote rosa possono essere la soluzione. Di sicuro qualcosa di forte va fatto. Io non ho idea di quanto potrebbe salire il PIL, certi numeri mi lasciano anche perplesso, ma di sicuro ci porterebbe una competenza complementare nei consigli di amministrazione”. 
 
Passera ha poi portato l’esempio concreto di Intesa Sanpaolo, il suo gruppo bancario che “si è mosso già da tempo, con una specie di ‘comunità interna’ per capire il perché di questa situazione. E’ chiaro – ha proseguito – che molto ruota attorno alla gravidanza ed ai primi anni dei figli, ma la problematica è più complessa. Noi abbiamo introdotto delle tutorship perché c’eravamo accorti che lo stacco per i figli creava un black-out di contatto con l’ufficio”. Il manager ha poi sottolineato come i “meccanismi di part-time tradizionali non sempre funzionano. Bisogna pensare ed introdurre nuovi tipi di flessibilità pensati specificatamente per la gestione dei bambini; anche perché la donna poi, quando rientra in azienda è più forte di prima. Noi abbiamo avuto un caso di rientro dalla gravidanza con una promozione. Sarà un episodio isolato ma è significativo”.

Prodiga di dati è stata invece nel suo intervento l’autrice che ha voluto presentare bene il “caso Norvegia”. “Qui, dopo aver introdotto nell’ormai lontano 2006 le quote rosa del 40% adesso sono già oltre: stanno pensando di introdurre nel top management delle quote riservate agli immigrati. E mi preme citare la genesi delle quote rosa in questo Paese nordico: lo spunto è venuto non dai sindacati ma bensì da un uomo, un ministro conservatore che si era accorto che le assunzioni nelle grandi imprese avvenivano secondo canali poco ortodossi come l’iscrizione a club o a interessi comuni, spesso sportivi, tra gli uomini co-optati”. 
 
Anche in Italia l’iter della proposta di legge è bipartisan: “In commissione parlamentare è a buon punto – ha spiegato la D’Ascenzo agli oltre 150 presenti in sala – e se venisse approvato, cosa molto probabile già a giugno, sarebbe un vero tsunami. Pensate solo che società come FIAT o ENI non hanno neanche una donna nei loro CDA!” Ma l’autrice riserva una stoccatina anche alle donne che nel libro, professionalmente, tanto difende: “Dobbiamo imparare a non essere invidiose tra noi. Bisogna cambiare atteggiamento, se non vogliamo essere condannate ad un’’invisibilità perpetua’ come è stata definita”.

Un ultimo intervento di Anna Maria Tarantola: “Io mi sono chiesta: perché le donne che fanno carriera ad alto livello sono spessissimo single, senza figli o separate? Risposta: perché la società non facilita chi vuole, oltre a lavorare, avere anche una famiglia. Non bisogna mettere le donne di fronte a questa scelta così pesante e così difficile, o famiglia o lavoro. All’uomo questo non è chiesto!”. Né in FIAT e né in ENI.
Fabio Pipinato (direttore di Unimondo)

giovedì 2 giugno 2011

FASSINO PRESENTA LA NUOVA GIUNTA - QUOTE ROSA 50%

E' stata ufficializzata nella giornata di ieri la nuova Giunta comunale del capoluogo piemontese.
Una giunta "giovane" e composta per il 50 per cento da donne, con otto assessori su dieci di prima nomina ma che "rispetta l'azione di buongoverno" della gestione Chiamparino, di cui conferma il vicesindaco e due dei componenti.
Così Piero Fassino ha presentato il nuovo esecutivo. "E' una squadra - ha detto - fortemente motivata, che incarna un mix tra rappresentanza politica, competenza, professionalità e ed esperienze nella società civile". Fassino, dopo avere fatto presente che la metà degli assessori ha fra i 30 e i 40 anni, ha sottolineato che l'esecutivo è composto per il 50 per cento di donne: "siamo la prima grande città italiana ad adottare questo criterio, che seguiremo anche per le rappresentanze del Comune negli enti di secondo livello".

sabato 21 maggio 2011

DONNE E PARITA' - IL TRAGUARDO NEL 2601


In uno studio statistico una ricercatrice del Cnr ha cercato di capire quando le signore avranno gli stessi ruoli di potere dei maschi. Per ultime arriveranno le magistrate. Ma già oggi le società italiane con top management al femminile almeno per il 20% possono vantare risultati migliori.

È un calcolo statistico. Una proiezione. Sembra un paradosso. La neutralità dei numeri viene usata per capire quanto tempo le donne dovranno aspettare per raggiungere i vertici delle professioni. Il risultato? Sconfortante. Decine di anni, in alcuni ambiti secoli. "È il caso della magistratura, se le donne crescono a questo ritmo la parità si avrà nel 2601". Lo sostiene, grafici alla mano, la demografa Rossella Palomba, ricercatrice del Cnr, che ha provato a vedere quando le donne avranno i ruoli degli uomini. E il calcolo che ne viene fuori appare un miraggio.

 "Ovviamente se le donne e gli uomini continuassero a crescere nei posti al vertice ai ritmi attuali la parità non verrebbe mai raggiunta poiché si manterrebbe sempre lo stesso divario", spiega Rossella Palomba che porterà queste ed altre cifre al festival di antropologia contemporanea "Dialoghi sull'uomo" che si terrà dal 27 al 29 maggio a Pistoia. "Quindi bisogna fare delle ipotesi. Nel mondo scientifico accademico, ipotizzando che vengano promosse solo le donne, si dovrebbero attendere 63 anni. Invece se diamo agli uomini la possibilità di accedere alle posizioni di vertice della scala gerarchica ma con l'inversione del tasso di crescita tra uomini e donne, data la disparità esistente, bisogna attendere l'anno 2183". Va peggio nella magistratura, "le donne sono entrate in magistratura solo nel 1963, in cinquant'anni solo poche
hanno raggiunto i vertici direttivi, se crescono a questo ritmo la parità si raggiungerà nel 2601". Per le altre carriere le scadenze non sono dietro l'angolo: i professori ordinari nel 2063, i primari medici nel 2095, gli ingegneri professori ordinari nel 2094.

Articolo di Marina Cavallieri tratto da Repubblica

sabato 14 maggio 2011

PIU' DONNE NEI CONSIGLI DI AMMINISTRAZIONE UNA PROMESSA PER L'EUROPA

La vicepresidente della Commissione Europa Viviane Reding ha reso noti i nomi delle prime aziende firmatarie della dichiarazione intitolata “Più donne nei consigli di amministrazione una promessa per l’Europa”. Si tratta della francese Guerlain, azienda leader nel settore dei cosmetici e della spagnola FES Consulting Empresarial, società operante nel settore della consulenza alle aziende.
Le due aziende hanno assunto con questa firma l’impegno volontario a portare la presenza femminile nei consigli di amministrazione ad una quota pari al 30% entro il 2015 e al 40% entro il 2020.
Reding ha espresso la sua soddisfazione per il fatto che «due grandi imprese europee abbiano fatto propri i nostri obiettivi» e, auspicando che altre aziende assumano lo stesso impegno, ha sottolineato che «la presenza di un sempre più elevato numero di donne nei consigli di amministrazione è utile alle imprese e all’economia e rappresenta la prova che un numero sempre maggiore di realtà imprenditoriali sono consapevoli dell’importanza del ruolo delle donne nei processi decisionali».
La Dichiarazione di impegno e il relativo invito alla sottoscrizione erano stati lanciati dalla stessa commissaria Reding nel marzo 2011 dopo una serie di incontri con le parte sociali e le principali società europee quotate in borsa.
Per il marzo 2012 Reding ha annunciato una valutazione dei reali progressi compiuti relativamente alla partecipazione delle donne agli organi decisionali delle imprese, dichiarandosi, in caso di progressi insufficienti, «pronta a proporre misure a livello dell’Unione Europea».



BANDO PER AGEVOLAZIONI AD INIZIATIVE IMPRENDITORIALI A PREVALENZA FEMMINILE

Il Comune di Genova ha avviato un programma per favorire, supportare e finanziare sia la nascita che la crescita di piccole imprese a prevalente partecipazione femminile, sia l’assunzione di donne che vivono situazioni lavorative precarie, con un programma integrato di agevolazioni finanziarie e di servizi reali all’avvio e allo sviluppo di nuova impresa e per l’attuazione di tale programma si avvarrà di FI.L.S.E. Spa e BIC Liguria. 
A CHI SI RIVOLGE IL BANDO:I soggetti richiedenti devono in alternativa:
a) avere la seguente compagine sociale:
• le società cooperative e le società di persone, costituite in misura non inferiore al 60% da donne;
• le società di capitali le cui quote di partecipazione spettino in misura non inferiore ai due terzi a donne ed i cui organi di amministrazione siano costituiti per almeno i due terzi da donne;
• le imprese individuali gestite da donne

b) assumere entro la conclusione dell’investimento:
• lavoratrici poste in mobilità, in CIG
• lavoratrici provenienti da aziende in liquidazione o sottoposte a procedure concorsuali o da stabilimenti dismessi
SETTORE ATTIVITA’ IMPRESE DESTINATARIE:Produzione, servizi,  commercio all’ingrosso, e-commerce.

FORMULA DI FINANZIAMENTO:COPERTURA DEL 70% DELLE SPESE AMMISSIBILI DI CUI IL 50% CONTRIBUTO A FONDO PERDUTO E IL 50%FINANZIAMENTO AL TASSO AGEVOLATO DELLO 0,50%.
INVESTIMENTO MINIMO: EURO 15.000,
TETTO MASSIMO DELL’IMPORTO CONTRIBUTIVO: EURO 35.000,00
DURATA DEL BANDO: dal 18 aprile al 17 ottobre 2011
Le imprese ammesse al programma verranno ospitate presso l’incubatore di Bic Liguria a Genova Campi previa stipula di un contratto di prestazione di servizi triennale, a titolo oneroso prendendo a riferimento le tariffe minime dell’Agenzia del territorio.
Per maggiori informazioni: Comune di Genova 
Queste informazioni provengono dal sito di Lorena Rambaudi, Assessore alle Politiche Sociali, Terzo settore, Cooperazione allo Sviluppo, Politiche Giovanili, Pari opportunità della Regione Liguria

lunedì 25 aprile 2011

DONNE PARTIGIANE: LA RESISTENZA TACIUTA

Trentacinquemila le partigiane, inquadrate nelle formazioni combattenti; 20.000 le patriote, con funzioni di supporto; 70.000 in tutto le donne organizzate nei Gruppi di difesa; 16 le medaglie d'oro, 17 quelle d'argento; 512 le commissarie di guerra; 683 le donne fucilate o cadute in combattimento; 1750 le donne ferite; 4633 le donne arrestate, torturate e condannate dai tribunali fascisti; 1890 le deportate in Germania. Sono questi i numeri (dati dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia) della Resistenza al femminile, una realtà poco conosciuta e studiata.
Durante la guerra le donne, non solo si erano fatte carico delle responsabilità sociali tradizionalmente maschili, sostituendo l'uomo nel lavoro e nel mantenimento della famiglia, ma avevano anche scelto di schierarsi e combattere, nelle diverse forme possibili, la lotta resistenziale, ribaltando la consueta divisione dei ruoli maschile e femminile.
Nei libri di storia si accenna appena alla partecipazione delle donne alla Resistenza, sebbene il loro apporto si fosse rivelato determinante ai fini di una maggior efficacia dell'organizzazione delle formazioni partigiane, entrando a far parte di diritto nella storia della Liberazione nazionale: le donne si occupavano della stampa e propaganda del pensiero d'opposizione al nazifascismo, attaccando manifesti o facendo volantinaggio, curando collegamenti, informazioni, trasportando e raccogliendo documenti, armi, munizioni, esplosivi, viveri, scarpe o attivando assistenza in ospedale, preparando documenti falsi, rifugi e sistemazioni per i partigiani.

Risulta evidente che un aiuto di questo tipo, considerato dalle stesse protagoniste come "naturale", trova difficoltà ad essere formulato storicamente in modo ufficiale. Infatti i dati numerici sopra riportati non sono completamente attendibili, poiché la maggior parte di essi si ricava da riconoscimenti ufficiali e "premiazioni" assegnate a guerra conclusa sulla base di criteri militari, in cui la maggioranza non rientrava o non si riconosceva. Di fatto veniva riconosciuto partigiano chi aveva portato le armi per almeno tre mesi in una formazione armata regolarmente riconosciuta dal Comando Volontari della Libertà ed aveva compiuto almeno tre azioni di sabotaggio o di guerra.
Ma l'azione femminile, oltre alla direzione dettata dalla necessità di dare assistenza ai partigiani, attraverso molteplici attività materiali, si orientava anche politicamente: numerosissime donne, di ogni estrazione sociale, operaie, studentesse, casalinghe, insegnanti, in città, così come in campagna, organizzarono veri e propri corsi di preparazione politica e tecnica, di specializzazione per l'assistenza sanitaria, per la stampa dei giornali e dei fogli del Comitato di Liberazione Nazionale.
La seconda guerra mondiale ha permesso alle donne, in un certo senso, di emergere dall'anonimato e le ha trasformate in soggetti storici finalmente visibili, nell'esperienza di sostegno e solidarietà offerta all'azione partigiana; solidarietà che ha valicato l'ambito familiare ed è diventata valore civile di convivenza.

L'antifascismo fu, per le donne, una scelta difficile, ma libera da costrizioni esterne: non fu dettata dal timore di rastrellamenti messi in atto in seguito ai bandi, o dallo stato di evasione che fece confluire nelle bande partigiane migliaia di giovani. In più quelle che partecipavano attivamente non erano né fanatiche, né guerrafondaie, ma donne normali. La Resistenza, per queste donne, non significò impugnare un moschetto, ma soprattutto significò la conquista della cittadinanza politica.
Il desiderio di liberarsi dai tedeschi si intrecciava con quello di conquistare la parità con l'uomo: ciò esprime il fatto che allora la donna acquistò la consapevolezza del proprio valore e delle proprie capacità, derivante dalla rottura del sistema di controllo sociale causata dalla guerra. Si trattò di una guerra nella guerra, della battaglia per la loro emancipazione dopo una millenaria subordinazione. La motivazione politica portò ad un risultato importantissimo: la richiesta di un riconoscimento di un ruolo pubblico nel nuovo sistema democratico, fino ad allora negato alla donna da una società prevalentemente maschilista. 
Da un articolo della giornalista Stefania Maffei

martedì 19 aprile 2011

SANREMO 20 APRILE INIZIATIVA SU MARIA MONTESSORI

Maria Montessori, una vita dalla parte dei bambini e delle donne
Il CID (Centro Iniziativa Donne) organizza
nell'ambito dell'iniziativa "Donne d'Italia" che ha promosso per ricordare i 150 anni dell'Unità d'Italia, 
MERCOLEDI' 20 aprile, alle ore 17, 
presso la Federazione Operaia di Sanremo, in via Corradi, 47, l’incontro
“Maria Montessori, una vita dalla parte dei bambini e delle donne.”

In questo modo si vuole ricordare una donna coraggiosa, impegnata nel sociale,  e una grande pedagogista, il cui metodo educativo è ancora oggi conosciuto e applicato non solo in Italia.
Maria Montessori è stata però molto più di questo: è stata medico, psichiatra, femminista impegnata  e docente di antropologia all’università di Roma.
Nella seconda metà di agosto del 1949 presenziò all’VIII edizione del Congresso Montessori proprio a Sanremo, al Teatro dell’Opera del Casinò della città matuziana: fu un successo strepitoso che vide la partecipazione di studiosi di tutto il mondo!

Illustrerà la figura della grande studiosa il dott. Alberto Guglielmi Manzoni, laureato in Filosofia, orientatore in intermediazione culturale, scrittore, studioso di storia locale.
Parteciperà la Dott.ssa Anna Maria Fogliarini Dirigente del III Circolo Didattico ed alcune insegnanti della Scuola Materna Montessori di Sanremo che illustreranno con video ed immagini il metodo ideato dalla grande studiosa.
 




lunedì 18 aprile 2011

TUNISIA PRIMO PAESE MUSULMANO CHE INTRODUCE QUOTE ROSA

Tunisia: liste a cremagliera per le prossime elezioni
Tutti i 155 membri del Parlamento provvisorio hanno votato a favore del provvedimento. I partiti tunisini dovranno avere un identico numero di candidati maschi e femmine alle elezioni del 24 luglio prossimo.
Dovranno essere disposti "a cremagliera", cioè alternati. Favorevoli anche gli islamisti di Ennhada
Lo ha deciso l'Alta istanza per la realizzazione degli obiettivi della rivoluzione, una sorta di parlamento che sostituisce momentaneamente quello dissolto, frutto delle elezioni politiche del 2009, svoltesi al tempo del regime di Ben Alì.

La Tunisia, insieme al Libano è da sempre il paese arabo che garantisce la maggior uguaglianza legale fra uomo e donna. Nel 1957 è stata abolita la poligamia e il ripudio.
L'Alta istanza ha anche deciso che non potranno concorrere alle elezioni tutti coloro che sono stati ministri nei governi del vecchio regime, cioè dal 1987 al 2011.

Una rivoluzione ben fatta! Un applauso alla Nuova Tunisia

giovedì 14 aprile 2011

ELENCO DEI REATI CONTRO LA DONNA CHE BENEFICIANO DEL PROCESSO BREVE condividi e diffondi

Vista la vergogna del processo breve che in realtà è un'amnistia per i furbetti, pubblico di seguito l'elenco completo evidenziando in neretto e raggruppando i reati più subdoli che interessano donne e minori.  Con questa legge voluta dal Governo Berlusconi le vittime saranno ancora più sole e sarà più difficile ottenere giustizia per i gravi reati.
In Europa nessun paese ha introdotto la prescrizione breve

ELENCO DEI REATI INTERESSATI DAL DDL SULLA PRESCRIZIONE BREVE
• articolo 589 del codice penale (OMICIDIO COLPOSO).
• articolo 609.bis del codice penale (VIOLENZA SESSUALE).
• articolo 609.quater del codice penale (ATTI SESSUALI CON MINORENNE).
• articolo 609.quinquies del codice penale (CORRUZIONE DI MINORENNE).
• articolo 609.octies del codice penale (VIOLENZA SESSUALE DI GRUPPO).

• articolo 583.bis del codice penale (PRATICHE DI MUTILAZIONE DEGLI ORGANI GENITALI FEMMINILI)
 • articolo 610 del codice penale (VIOLENZA PRIVATA)
 • articolo 612.bis. del codice penale (STALKING)
• articolo 314 del codice penale (PECULATO).
• articolo 315 del codice penale (MALVERSAZIONE).
• articolo 316 del codice penale (PECULATO PER ERRORE ALTRUI).
• articolo 316 bis del codice penale (MALVERSAZIONE AI DANNI DELLO STATO).
• articolo 316 ter del codice penale (INDEBITA PERCEZIONE DANNI STATO).
• articolo 317 del codice penale (CONCUSSIONE).
• articolo 318 del codice penale (CORRUZIONE).
• articolo 319 del codice penale (ATTO CONTRARIO A DOVERI D’UFFICIO).
• articolo 319.ter del codice penale (CORRUZIONE IN ATTI GIUDIZIARI).
• articolo 320 del codice penale (CORRUZIONE INCARICATO DI PUBBLICO SERVIZIO).
• articolo 322 del codice penale (ISTIGAZIONE ALLA CORRUZIONE).
• articolo 322.bis del codice penale (PECULATO/CONCUSSIONE/CORRUZIONE COMUNITA’ EUROPEA).
• articolo 323 del codice penale (ABUSO D’UFFICIO).
• articolo 324 del codice penale (INTERESSE PRIVATO IN ATTI D’UFFICIO).
• articolo 326 del codice penale (RIVELAZIONE SEGRETI D’UFFICIO).
• articolo 328 del codice penale (OMISSIONE DI ATTI D’UFFICIO).
• articolo 336 del codice penale (VIOLENZA A PUBBLICO UFFICIALE).
• articolo 337 del codice penale (RESISTENZA A PUBBLICO UFFICIALE).
• articolo 338 del codice penale (VIOLENZA O MINACCIA AD UN CORPO POLITICO, AMMINISTRATIVO O GIUDIZIARIO).
• articolo 340 del codice penale (INTERRUZIONE DI PUBBLICO SERVIZIO).
• particolare prevedendo un aumento del tempo necessario a prescrivere il reato di cui all’articolo 347 del codice penale (USURPAZIONE DI FUNZIONI PUBBLICHE).
• articolo 348 del codice penale (ESERCIZIO ABUSIVO DI UNA PROFESSIONE).
• articolo 355 del codice penale (INADEMPIMENTNO DI CONTRATTI DI PUBBLICHE FORNITURE).
• articolo 416.ter del codice penale (SCAMBIO ELETTORALE POLITICO-MAFIOSO)
• articolo 419 del codice penale (DEVASTAZIONE E SACCHEGGIO).
• particolare prevedendo un aumento del tempo necessario a prescrivere il reato di cui all’articolo 420 del codice penale (ATTENTANTO A IMPIANTI DI PUBBLICA UTILITA’)
• articolo 423 del codice penale (INCENDIO)
• articolo 423.bis del codice penale (INCENDIO BOSCHIVO)
• articolo 424 del codice penale (DANNEGGIAMENTO SEGUITO DA INCENDIO)
• articolo 432 del codice penale (ATTENTATO ALLA SICUREZZA DEI TRASPORTI)
• articolo 624 bis del codice penale (FURTO IN ABITAZIONE).
• articolo 628 del codice penale (RAPINA)
• articolo 629 del codice penale (ESTORSIONE)
• articolo 640 del codice penale (TRUFFA)
• articolo 641 del codice penale (INSOLVENZA FRAUDOLENTA)
• articolo 648 del codice penale (RICETTAZIONE)
• articolo 648.bis del codice penale (RICICLAGGIO)
• articolo 514 del codice penale (FRODI CONTRO LE INDUSTRIE NAZIONALI)
• articolo 648.ter del codice penale (IMPIEGO DI DENARO, BENI O UTILITA’ DI PROVENIENZA ILLECITA)
• articolo 646 del codice penale (APPROPRIAZIONE INDEBITA)
• articolo 614 del codice penale (VIOLAZIONE DI DOMICILIO)
• articolo 644.bis del codice penale (USURA IMPROPRIA)
• articolo 644 del codice penale (USURA)
• articolo 643 del codice penale (CIRCONVENZIONE DI INCAPACI)
• articolo 2621 del codice civile (FALSE COMUNICAZIONI SOCIALI)
• articolo 2622 del codice civile (FALSE COMUNICAZIONI SOCIALI IN DANNO DELLA SOCIETA’ DEI SOCI O DEI CREDITORI).
• articolo 2623 del codice civile (FALSO IN PROSPETTO).
• articolo 2624 del codice civile (FALSITA’ NELLE RELAZIONI O NELLE COMUNICAZIONI DELLE SOCIETA’ DI REVISIONE).
• articolo 2626 del codice civile (INDEBITA RESTITUZIONE DEI CONFERIMENTI).
• articolo 2627 del codice civile (ILLEGALE RIPARTIZIONE DEGLI UTILI E DELLE RISERVE).
• articolo 2628 del codice civile (ILLECITE OPERAZIONI SULLE AZIONI O QUOTE SOCIALI O DELLA SOCIETA’ CONTROLLANTE).
• articolo 2629 del codice civile (OPERAZIONI IN PREGIUDIZIO DEI CREDITORI).
• articolo 349 del codice penale (VIOLAZIONE DI SIGILLI).
• articolo 337.bis del codice penale (OCCULTAMENTO CUSTODIA O ALTERAZIONE DI MEZZI DI TRASPORTO).
• articolo 341.bis del codice penale (OLTRAGGIO A PUBBLICO UFFICIALE).
• articolo 351 del codice penale (VIOLAZIONE DELLA PUBBLICA CUSTODIA DI COSE).
• articolo 334 del codice penale (SOTTRAZIONE O DANNEGGIAMENTO COSE SEQUESTRATE NEL CORSO DI UN PROCEDIMENTO PENALE).
• articolo 335 del codice penale (VIOLAZIONE COLPOSA NELLA CUSTODIA DI COSE SEQUESTRATE NEL CORSO DI UN PROCEDIMENTO PENALE O DALL’AUTORITA’ AMMINISTRATIVA).

domenica 3 aprile 2011

DONNE D'ITALIA: EVA MAMELI CALVINO

Eva Mameli nel suo laboratorio con le colleghe
Il Centro Iniziativa Donne, in collaborazione con la Federazione Operaia Sanremese organizza una serie di incontri nel mese di aprile in celebrazione dell'anniversario dei 150 anni di Unità d'Italia.
 Il primo si svolgerà mercoledì 6 aprile alle ore 17.00  presso il Teatro della Federazione Operaia in Via Corradi 47 e avrà il titolo
 "DONNE D'ITALIA: EVA MAMELI CALVINO"

alla presenza di LAURA GUGLIELMI (giornalista, studiosa dello scrittore Italo Calvino figlio di Eva, ha curato la prefazione della recente pubblicazione "Eva Mameli Calvino" di Elena Macellari, ed. Alieno), LORETTA MARCHI (direttrice della Biblioteca Civica, studiosa della famiglia Calvino, curatrice del Fondo Calvino presso la Biblioteca), LIBERESO GUGLIELMI (personaggio conosciutissimo, giardiniere dei Calvino, cresciuto con Italo e la madre Eva Mameli).
Un omaggio ad una grande scienziata, una donna di forte personalità, la prima donna laureata in Italia in scienze botaniche, una presenza qualificante nella storia anche della nostra città, una madre che ha avuto una significativa influenza sulla produzione letteraria del figlio il grande scrittore Italo Calvino.
Seguiranno altre informazioni circa i prossimi appuntamenti già programmati (20 e 22 aprile).

sabato 2 aprile 2011

IRREGOLARITA' NELLA DESIGNAZIONE DELLA CONSIGLIERA SUPPLENTE


 
COMUNICATO DEL COORDINAMENTO FEMMINILE
Il Coordinamento Femminile della Provincia di Imperia ha appreso che la  Provincia sta procedendo a rinnovare l’Ufficio della Consigliera Provinciale di Parità e, in particolare, a designare la persona che occuperà la carica di consigliera di parità supplente.

 Al riguardo il Coordinamento fa rilevare che:
  •   nel procedere a  tale designazione, la Provincia non ha adempiuto all’obbligo di dare preventiva regolamentazione e pubblicità dell’avvio della valutazione comparativa delle candidate. Obbligo il cui rispetto   “costituisce adempimento essenziale ai fini delle designazioni, in ossequio ai principi di  buon andamento e imparzialità dell’amministrazione, sanciti dall’art. 97 della Costituzione, da cui discendono i principi di trasparenza e ragionevolezza che devono ispirare ogni procedimento amministrativo”, come ribadito, proprio con riferimento alla procedura per la nomina delle Consigliere di parità, dalla Circolare del Ministero del Lavoro n.20 del 2010.
  •  Inoltre, a compimento della procedura selettiva, avvenuta peraltro senza il rispetto dei termini di legge, la Provincia ha del tutto omesso di renderne pubblico l’esito e di comunicare le relative graduatorie.

Ciò premesso il Coordinamento:
  •  sottolinea come l'assoluta mancanza di trasparenza  e pubblicità, sia dell’avvio che dell’esito della procedura selettiva, costituisca un modo di procedere discriminatorio, in quanto da un lato impedisce in modo del tutto arbitrario l’accesso di candidate meritevoli di valutazione, mentre d’altro lato è suscettibile di coprire valutazioni discrezionali che non tengono conto del merito e delle capacità professionali delle candidate, da valutarsi secondo criteri di scelta che la legge tassativamente prescrive (“le consigliere ed i consiglieri di parità devono possedere requisiti di specifica competenza ed esperienza pluriennale in materia di lavoro femminile, di normative sulla parità e pari opportunità nonché di mercato del lavoro, comprovati da idonea documentazione”, art.13,c.1, Dlgs 198/006);
  •  ritiene che questo modo di procedere avvilisca la dignità delle donne che oggi rivendicano con forza il diritto a partecipare alle istituzioni politiche e amministrative del paese in base a criteri che tengano conto del merito, sopra ogni altro;
  • segnala l’aspetto paradossale di vedere applicati metodi discriminatori nella designazione di una carica, quella della Consigliera di Parità, che ha come suo principale obbiettivo il contrasto alle discriminazioni.


mercoledì 30 marzo 2011

LAMPEDUSA: I BAMBINI INVISIBILI

La denuncia dell'avvocato Alessandra Ballerini di Genova sulla drammatica situazione degli immigrati "minori non accompagnati"

Report da Lampedusa. 21.3.2011.
Duecento minori abbandonati a loro stessi. Costretti a dormire per terra, per settimane, al freddo, nella sporcizia. Senza coperte, senza acqua per lavarsi. Senza genitori. Senza un nome.
Questa la situazione dei bimbi e dei ragazzini sbarcati nelle ultime tre settimane nell'isola di Lampedusa.
Minori di cui nessuno parla. Minori senza genitori, "non accompagnati" come si dice in gergo giuridico. Affidati alle onde da qualche parente pietoso, per sottrarli alla fame e alle rivolte. Posati su una barca in legno colma di adulti. Con la prua rivolta verso la speranza Italia. Meta obbligata per i nordafricani.
Minori sopravvissuti ai capricci del mare, al freddo ed agli adulti. Vivi per scommessa. Approdati in uno Stato dove nessuno li vuole. Piccoli, con occhi adulti e sorrisi di bimbi. Parlano solo arabo, forse non sono mai andati a scuola. Ti guardano con speranza e curiosità. Si esprimono a gesti. Il segno della pistola per dire la fine che hanno fatto i genitori nelle rivolte della primavera araba. Il segno del volante per dirti che volendo sanno anche guidare, che sono disposti a qualunque lavoro pur di restare, Già sanno che sono le braccia che vogliamo in questo Paese non certo gli uomini né tantomeno i bambini.
Minori che questo Governo ignora, in barba a tutte le leggi ed alle Convenzioni internazionali. Minori neppure identificati, abbandonati a loro stessi ed alla cura di pochi eccezionali volontari.
Minori che avrebbero tutti i diritti. Almeno sulla carta. Il diritto ad essere accolti, sfamati, tutelati, integrati, affidati, protetti.
Minori che non hanno niente. Nessuna istituzione che si curi di loro. Nessuna accoglienza. Neppure un materasso o delle coperte. Neppure una doccia o un pasto caldo. Neppure un'identità. Tantomeno diritti.
Se riusciamo a privare dei diritti fondamentali a dei bimbi, se riusciamo ad ignorarli, ad abbandonarli a loro stessi in attesa che cedano, che scompaiano perchè non ci turbino, siamo definitivamente usciti dalla civiltà.
Io però quegli occhi di bimbi li ho visti. Ed esigo che il mio Paese, che è uno Stato di diritto, il diritto lo rispetti. Il nostro diritto a non vergognarci di un Governo incapace di accogliere 200 minori, e il diritto di chi, più vulnerabile di tutti, chiederebbe (se qualcuno lo ascoltasse) accoglienza e protezione.
Non proteggere questi minori non è solo immorale ma anche illegale. Il Governo ogni giorno si rende responsabile delle condizioni inumane in cui sta facendo vivere questi bimbi e ragazzini da settimane, mettendone in serio pericolo la salute.
Ignorare i loro sguardi, i loro diritti, i loro bisogni è criminale.

E io non voglio sentirmi complice.

venerdì 25 marzo 2011

ALLA FACCIA DEL TEMPO

 
Donne comuni sicure di sè e del loro aspetto naturale, che vivono con tranquillità il passare del tempo. Nelle foto di Toni Thorimbert, esposte nella Stazione Centrale di Milano dal 1 al 30 aprile, si parla di donne che hanno la serenità di comunicare valori lontani dagli stereotipi della bellezza perfetta, modellata sui canoni estetici prodotti dalla società e dai media
Su Repubblica le foto (clicca QUI)

mercoledì 23 marzo 2011

EGITTO: TEST DI VERGINITA' ALLE MANIFESTANTI

 
In diversi paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, la popolazione sta manifestando perchè si adottino riforme economiche, politiche e sociali. Dall'Egitto arriva una denuncia da parte di alcune donne che sono state arrestate durante una manifesazione di piazza il 9 marzo. Alcune di loro hanno coraggiosamente denunciato ad Amnesty International che i militari, dopo avere disperso con violenza i manifestanti, hanno arrestato 18 donne. Queste sono state sottoposte al test della verginità. 

Una ragazza di 20 anni racconta:"Sono stata arrestata e portata al carcere militare. Mi hanno costretta a togliere tutti i vestiti e sono stata perquisita da una guardiana, in una stanza con due porte e una finestra aperte. Nel frattempo, i soldati entravano nella stanza per scattarmi foto completamente nuda. I "test di verginità" sono stati eseguiti in un'altra stanza da un uomo che indossava una giacca bianca. "Quelle trovate non vergini", sono state incriminate per prostituzione."

Un'altra donna riferisce di essere stata picchiata e torturate perchè non vergine.

"Le donne e le ragazze devono poter esprimere il loro punto di vista sull'Egitto e protestare contro il governo senza essere arrestate, torturate o sottoposte a trattamenti profondamente degradanti e discriminatori" ha affermato Amnesty International, che continua "Costringere le donne a sottoporsi al 'test di verginità' è profondamente inaccettabile. Il suo obiettivo è degradare le donne in quanto tali"

mercoledì 9 marzo 2011

INTERVISTA A LORENA RAMBAUDI

Assessore alle Politiche Sociali, Terzo Settore, Cooperazione allo Sviluppo, Politiche Giovanili, Pari Opportunità della Regione Liguria
Roma, 7 marzo. Autonomie locali, con tagli Pari Opportunita' a rischio.
Dalle azioni per conciliare i tempi di vita e di lavoro ai posti negli asili nido: la scure dei tagli, con cui hanno a che fare le autonomie locali, si allunga anche sulle politiche per le Pari opportunità.
E, alla vigilia dell'8 marzo, le rappresentanti di Regioni e Comuni spiegano, all'ADNKRONOS, che la sforbiciata mette a rischio "il mantenimento dei servizi".
"Nel 2010 era stato raggiunto un accordo tra Regioni e ministero della Famiglia affinché i 100 milioni di euro dedicati alla famiglia e all'infanzia, che il ministero trasferiva alle Regioni, potessero essere usati a discrezione delle Regioni sia per l'apertura di nuovi servizi sia per sostenere quelli esistenti, in base alle diverse situazioni presenti sul territorio. Una prima battaglia del nostro coordinamento è stata proprio avere questa possibilità di piani di utilizzo", ha spiegato l'assessore alle Politiche sociali della Liguria Lorena Rambaudi, coordinatrice della Commissione Politiche sociali della Conferenza delle Regioni.
Quest'anno però la situazione cambia: "Per il 2011 - afferma Rambaudi - sappiamo che i 100 milioni sono stati tagliati a 52 mln. E sebbene non ci sia stato ancora ufficializzato, sappiamo che il ministero intende tenere le risorse per iniziative nazionali". Non solo. "Due anni fa il piano per le pari opportunità contava su 60 milioni di euro, che ora sono passati piu' o meno a 2 milioni di euro", riferisce la coordinatrice della Commissione Politiche sociali della Conferenza delle Regioni.
"Per le prospettive siamo molto preoccupati - dice l'assessore Rambaudi - se non ci sono più risorse i servizi rischiano la chiusura o, sicuramente, non ci saranno implementazioni. Sulle risorse del 2011 attendiamo dati precisi e appena li avremo, ci muoveremo perchè su questa partita c'è un accordo trasversale".
Per la coordinatrice della Commissione Politiche sociali della Conferenza delle Regioni, la sforbiciata rischia di far fare passi indietro su quanto è stato fatto finora: "Siamo arrivati a un punto positivo di maturazione dell'idea che la conciliazione si può fare se un ente pubblico riesce a garantire una rete di sostegno e se le aziende cercano di adeguare il lavoro con i tempi delle donne - conclude Rambaudi - Dall'altro il problema è che i servizi, costruiti con fatica, rischiano di essere smantellati o comunque sono a rischio".

Roma, 7 marzo. Donne solo al 10% nei vertici delle autonomie localiOttocentoquarantasette donne sindaco su oltre 8mila Comuni italiani, solo tredici presidenti nelle 110 Province, appena due governatrici tra i venti presidenti di Regione.
Arranca intorno al 10% la rappresentanza femminile nelle autonomie locali. Alla vigilia della festa della donna, le rappresentanti delle Pari opportunità di Comuni, Province e Regioni sottolineano all'ADNKRONOS le azioni necessarie per realizzare un'effettiva parità di genere in politica e non solo. Guardando, perchè no, anche alle quote rosa.
Secondo l'ultimo rapporto 'Le donne e la rappresentanza' di Cittalia - Fondazione Anci Ricerche e Anci, del luglio 2010, le donne rappresentano il 18,2% degli oltre 118mila amministratori comunali italiani. Secondo l'elaborazione di Cittalia sui dati del Ministero dell'Interno e sulla rilevazione di Anci-Cittalia, le donne sindaco sono poco piu' del 10% del totale dei sindaci eletti: 847 contro i 7.154 uomini. Non va certo meglio per quanto riguarda la posizione di vicesindaco, ricoperta da 885 donne mentre i colleghi sono ben 4.953. Ma il gentil sesso non spopola neppure in giunta: 5.123 le donne, contro 21.089 assessori.
La presenza femminile aumenta invece, anche se di poco, nei consigli comunali (18,7%): 63.645 gli uomini, 14.663 le donne. In base ai dati del rapporto Anci-Cittalia, le donne nei Comuni sono comunque piu' presenti nelle regioni del Nord-Est (78,1% uomini, 21,9% donne) e del Nord Ovest (78,6% uomini, 21,4%). Le percentuali calano al Centro, dove la partecipazione femminile scende a 19,1%, ed è in picchiata nelle Isole (15,3%) e al Sud (11,6%). (segue)
Nelle assemblee regionali su 1.114 consiglieri eletti le donne sono 122
Nelle Province il panorama non cambia: in base ai dati aggiornati dell'Anagrafe degli amministratori locali e regionali del Ministero dell'Interno oltre a due commissari straordinari e a un commissario prefettizio, alla guida dei governi provinciali ci sono 94 uomini a fronte di 13 donne. Le cifre registrate dall'Anagrafe non sono certo piu' incoraggianti se si guarda alla composizione delle giunte: 611 gli assessori uomini mentre il dato delle colleghe scende a 128. Ancora, solo 347 gli 'assessorati' in rosa.
Stesso copione nelle Regioni: Renata Polverini, nel Lazio, e Catiuscia Marini, in Umbria, sono le uniche due governatrici. Ma, anche prima delle ultime elezioni regionali, le donne alla guida di una regione erano soltanto due (Mercedes Bresso in Piemonte, Maria Rita Lorenzetti in Umbria).
Nelle assemblee la rappresentanza femminile non va molto meglio: su 1.114 consiglieri eletti le donne sono 122 e sono in 'rosa' solo le presidenze del consiglio regionale della Sardegna e del consiglio della Provincia autonoma di Bolzano.
La questione non è invece ancora approdata nella Commissione Politiche sociali della Conferenza delle Regioni, come spiega la coordinatrice, l'assessore alle Politiche sociali della Liguria Lorena Rambaudi: "non è abbiamo ancora discusso, forse anche perché nella stessa Commissione vi sono per la maggioranza assessori uomini".
"Nella Regione Liguria siamo quattro donne in giunta ma in consiglio anche da noi la rappresentanza è limitata", osserva Rambaudi spiegando che l'idea è quella di "rivedere la legge elettorale sull'esempio della Campania, che ha previsto la doppia preferenza solo se si indicano differenti generi".
"Da giovane - racconta Rambaudi - pensavo che le quote rosa fossero sbagliate ma vedendo come è difficile per le donne emergere nella politica, ora credo che sia giusto introdurle".

INTERVISTA ALL'AGENZIA DI STAMPA ADNKRONOS


LE DONNE INVISIBILI DELL'UNITA' D'ITALIA


P.E.N.E.L.O.P.E. Donne del Ponente per le Pari Opportunità”  festeggia la Giornata Internazionale della Donna e  i 150 anni dell’Unità d’Italia, con un evento particolare sulle “Donne invisibili dell’Unità d’Italia”: un momento di riflessione sulle tante eroine non celebrate e dimenticate.
Molte sono le figure di donne che hanno contribuito in modo rilevante e originale al Risorgimento e che hanno lavorato per la conquista dell’indipendenza italiana, ma che nei libri di storia non compaiono.
 
Con questa occasione vogliamo tentare di far uscire dall’oblio qualche figura femminile che ha realmente contribuito al progresso della storia.
 
Ti invitiamo a partecipare a
 
“LE DONNE INVISIBILI DELL’UNITÀ D’ITALIA”
un percorso di immagini, testi, musiche, dedicato a eroine emarginate o sconosciute
 
SABATO 12 MARZO ore 16,30
a Bordighera, Sala Rossa del Palazzo del Parco.
 
Anche il rinfresco offerto a conclusione dell’incontro sarà un omaggio al ruolo femminile nel Risorgimento.
 
 

domenica 6 marzo 2011

LE DONNE SONO CONTRO IL NUCLEARE...

...Perchè sono più lungimiranti e pensano al futuro della specie
Dopo l’intervista a La Stampa di Umberto Veronesi («è l’energia del futuro»), i membri del comitato scientifico dell’Isde contestano le tesi dell’oncologo. «Da lui omissioni e superficialità».
Ernesto Burgio, Angelo Baracca
L’intervista rilasciata da Umberto Veronesi a La Stampa lascia allibiti per la sicumera con cui il professore si lascia andare ad affermazioni prive di supporto scientifico, rischiando di banalizzare una tematica estremamente complessa e di condizionare con la propria “autorità” l’opinione pubblica, sempre più costretta a subire l’offensiva mediatica della potente lobby nuclearista.  Non ci è possibile ribattere in poche righe e in questa sede la lunga serie di affermazioni discutibili messe in campo dal professore: ci limiteremo a contestare alcuni passaggi di quella che appare come una superficiale apologia della fonte energetica in assoluto più dispendiosa e pericolosa per la salute umana.

Una fonte che non alleggerirebbe in alcun modo la dipendenza dal petrolio, poiché oggi solo il 5% dell’energia elettrica è generata con questa fonte, che è usata per la maggior parte nei trasporti e nell’industria e non può essere sostituita dal nucleare, con cui si produce solo energia elettrica. Tanto più che negli ultimi 10 anni, in Italia, è stata installata nuova potenza elettrica equivalente a ben 12-15 reattori nucleari (ed ulteriore potenza è in attesa di autorizzazione), senza che questo abbia portato alcun beneficio agli utenti: perché produrre elettricità nel nostro paese è oggi soltanto business e l’eventuale “ritorno” al nucleare sarebbe un enorme business di pochi a danni di molti. è inoltre probabile che l’uranio si esaurirà prima dei combustibili fossili, ai ritmi di consumo attuali (per cui è assurdo parlare di centrali in grado di operare per 60 anni): figuriamoci poi se vi fosse un rilancio del nucleare.

Ma per fortuna anche questa è una colossale favola. Basterebbe leggere i più autorevoli giornali internazionali per sapere che la strombazzata rinascita nucleare non esiste, a causa dei costi fuori controllo, dei problemi, delle incognite, dei ritardi nei tempi di costruzione; che gli Usa hanno in costruzione un solo reattore (un secondo è stato cancellato), mentre in Europa gli unici due in costruzione (in Finlandia e in Francia) procedono tra mille intoppi, che hanno già causato un raddoppio dei costi e dei tempi.

Il fosco avvenire che Veronesi dipinge in assenza del nucleare non impensierisce Paesi come l’Austria, la Danimarca ed altri, che escludono il ricorso a questa fonte e puntano all’autosufficienza energetica con le fonti rinnovabili (quelle fonti che L’Europa si prodiga a sviluppare mentre il nostro Governo, con grande e più che sospetta puntualità, si prodiga a disincentivare). è invece noto a tutti gli esperti che tanto la Germania che la Francia, optano per prolungare la vita operativa dei reattori esistenti: una scelta estremamente rischiosa, perché l’invecchiamento aumenta le probabilità di incidenti (è stata segnalata un’anomalia all’impianto d’emergenza in ben 34 reattori francesi, in funzione da 30 anni, che potrebbe rendere insufficiente il raffreddamento in caso di incidente, e causare fino alla fusione del nocciolo!) anche perché il bombardamento neutronico mina le strutture.

E infatti gli incidenti alle centrali sono in aumento in tutti i paesi (altro dato che il Professore evidentemente non conosce o trascura): al punto che persino in Francia, che rappresenta nell’immaginario collettivo il paese del “grande consenso” al nucleare civile e militare, stanno crescendo i dubbi e le ansie, dopo che alcuni sevizi televisivi sono riusciti a divulgare i dati concernenti il quadro preoccupante della contaminazione radioattiva del territorio.

Ma l’aspetto più disarmante è la leggerezza con cui colui che il redattore di La Stampa definisce il più famoso medico d’Italia considera gli effetti biologico-sanitari della radioattività. Un incidente nucleare grave è in grado di contaminare un intero emisfero: eppure Veronesi “liquida” con poche battute persino la catastrofe di Chernobyl, così affiancando quei “nuclearisti” che a fronte di una realtà drammatica, costituita da città fantasma e da migliaia di casi accertati di tumori infantili a carico di tiroide e midollo, sono tuttora capaci di sostenere che le vittime del disastro sarebbero poche decine.

Dimenticando che scienziati e ricercatori di chiara fama, che hanno dedicato la loro vita a documentare gli effetti di una nube radioattiva che ha colpito non solo URSS, Ucraina e Bielorussia, ma l’Europa intera, parlano di un milione di vittime! Come può un oncologo accettare di dirigere un’Agenzia per la Sicurezza del Nucleare, ignorando o trascurando questi studi? Come può il professor Veronesi non sapere che già negli anni ’90 solo in Bielorussia e Ucraina i casi accertati di carcinoma infantile della tiroide furono quasi 1000 (con un incremento di 30 volte e addirittura di 100 volte nelle zone più vicine a Chernobyl). Come può non sapere che da alcuni anni aumentano, in molti altri Paesi europei, le segnalazioni di incrementi di leucemie infantili direttamente correlate alla dispersione di isotopi radioattivi del cesio che permangono in ambiente e catene alimentari per decenni?

Come può un oncologo di chiara fama non sapere che alcuni ricercatori russi hanno pubblicato, su riviste prestigiose come Science e Nature, i risultati di studi e ricerche che dimostrano come i figli dei cosiddetti “liquidatori” di Chernobyl, siano portatori di alti tassi di mutazioni: un dato che può chiarire non soltanto i dati, lungamente contestati, concernenti l’incremento di leucemie in bambini nati da genitori residenti nei dintorni di impianti nucleari inglesi, ma anche e soprattutto i risultati allarmanti di un recente studio tedesco, noto con l’acronimo KIKK (Kinderkrebs in der Umgebung von KernKraftwerken, Cancro infantile nei dintorni delle centrali nucleari), che ha descritto 1592 casi di tumori solidi (molti dei quali di origine embrionale) e 593 leucemie infantili in bambini di età inferiore a 5 anni, residenti negli anni 1980-2003 nei dintorni delle 16 centrali tedesche.

Tanto più che importanti studi scientifici documentano il rilascio di isotopi radioattivi (trizio, cripto, ecc) in ambiente e catene alimentari durante il normale funzionamento delle centrali e che l’introduzione di materiale radioattivo per via alimentare in piccole dosi quotidiane, rappresenta con ogni probabilità la modalità di esposizione più pericolosa, anche perché collettiva e difficilmente valutabile. E infine il “banale” problema dei residui nucleari, che costa ancora agli italiani 400 milioni di euro l’anno (almeno 10 miliardi dal 1987, e chissà per quanti anni ancora).

Come può il professore non sapere che nessun Paese al mondo ha ancora trovato una soluzione per il problema delle scorie nucleari e che depositi geologici sicuri esistono solo nell’immaginazione di alcuni “nuclearisti”; che Yucca Mountain dopo decenni di lavori e milioni di dollari spesi è stato definitivamente accantonato, e gli americani non sanno più dove mettere gli enormi quantitativi di combustibile esausto sparsi in una settantina di siti; che nel deposito di Asse in Germania si sono trovate (solo ora !) infiltrazioni d’acqua che minacciano un vero disastro e richiederanno spese colossali per il recupero e il trasferimento (dove?) dei fusti.

A questo proposito, in verità, il professore una soluzione la propone: sostiene che si tenderebbe a individuare un unico sito per Continente e che, per fortuna, l’Italia non sarebbe stata individuata quale sito ideale di questo stoccaggio. Speriamo che chi ha dato queste informazioni al prof. Veronesi non intendesse far riferimento a quella che taluni soggetti prospettano come l’unica soluzione possibile per materiali che rischiano di inquinare l’intera ecosfera per millenni (non è certo consolante il fatto che il continente designato a discarica planetaria non sarebbe in tal caso né l’Europa, né il Nordamerica). è facile prevedere che nei prossimi giorni si scateneranno le critiche contro un “oncologo famoso” che non si perita di fare affermazioni pubbliche tacciabili quantomeno di leggerezza.

Alcuni probabilmente arriveranno ad accusarlo di inconfessabili conflitti d’interesse (in questo caso particolarmente gravi, visto il ruolo di garante della salute pubblica che il professore ha accettato di ricoprire). Noi siamo convinti che molte delle cose che abbiamo elencate il professor Veronesi non le sappia davvero e che ciò sia comprensibile in una persona che non si  è mai occupata di questa materia. Siamo però anche convinti che il permanere in una simile condizione di “ignoranza” sarebbe pericoloso e rischierebbe di nuocere gravemente alla figura di un medico famoso, che anche in quest’ultima intervista afferma come proprio valore assoluto la certezza che i rischi per la salute siano minimi e di voler dedicare i prossimi anni ad assicurare i cittadini che non correrebbero alcun rischio.